Tag Archives: Responsabilità Sociale

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Le Opportunità dell’Economia Circolare – Percorso Formativo per Federmanager Toscana

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Ho iniziato oggi la facilitazione di un percorso formativo sulle opportunità dell’economia circolare su richiesta di Federmanager Toscana, che vede come protagonisti 20 dirigenti iscritti all’associazione.

I moduli coprono i principi base e modelli di business dell’economia circolare, quali sono alcune buone pratiche nei distretti industriali del nostro territorio toscano, e quali sono i nuovi stakeholder; e in penultimo quali sono le competenze tecniche e trasversali necessarie per portare il cambiamento di paradigma nelle nostre aziende.

Il quarto incontro verrà svolto con modalità innovative per facilitare un piano d’azione individuale e organizzativo, cogliendo la spinta della pandemia verso un nuovo equilibrio sociale, mitigazione della crisi climatica e di una governance etica e in parte anche finanziata dal Green Deal.


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SOSTENIBILITÀ’ IN RISONANZA: Pensare, sentire e agire per l’ecosistema

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In occasione del Festival dello Sviluppo Sostenibile ASVIS (SDGs 4,11 e 13), verrà offerto Sabato 3 Ottobre ore 16-18.30 presso il Parco del Mensola (ingresso via Madonna delle Grazie) a Firenze, un laboratorio esperienziale a cura di Elena Piani, Francesca Taddei, Melanie Sangwine e Daniele Federici, volto a creare esperienze corporee, ritmiche, artistiche e riflessive sulla nostra impronta ecologica.

Offriremo l’opportunità di sperimentare la ginnastica di Bothmer (per la quale non è necessaria alcuna preparazione atletica) di richiamo ambientale; una passeggiata nel parco per ricercare oggetti naturalistici con i quali si andrà a comporre un mandala (un cerchio simbolo dell’universo), nel quale potremo seminare l’intento di vita individuale, che confluirà in quello collettivo. A corredo dell’esperienza il suono delle campane di cristallo, che risuonerà connettendo i partecipanti ai quattro elementi (aria, terra, acqua e fuoco), al proprio sé e alla dimensione collettiva.

Concluderemo con una riflessione sull’importanza di connettere pensiero, sentimento e azione, concretizzando un’intenzione autentica per la sostenibilità.

L’incontro si svolgerà nel più ampio e profondo rispetto delle diversità.

L’evento si svolgerà in ambiente aperto, nel pieno rispetto delle regole del distanziamento sociale per il contenimento e diffusione della Covid-19 (Sars-cov-2).

È richiesto l’uso della mascherina, igienizzante per le mani, un telo personale e una busta per la raccolta degli oggetti naturali. Suggeriamo di portare acqua da bere, abbigliamento comodo, ed un quaderno e una penna per annotare l’esperienza. L’evento è aperto anche ai bambini.

b) Ingresso evento gratuito previa iscrizione a elena@pianiprojects.com riportando il titolo dell’evento, nome e cognome, età, professione ed eventuali esigenze.

Numero massimo di partecipanti 30. 

In caso di necessità contattare 346-0846579

Organizzatori:

Elena Piani – Formatore AIF, Consulente CSR e Innovazione Sociale
Francesca Taddei – Operatore Olistico e Counsellor
Melanie Sangwine – Visual Artist
Daniele Federici – Maetro Steineriano e Istruttore ISEF

 


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Piani Projects contribuisce alla Formazione sulla Diversity & Inclusion in Findomestic

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Divercity Magazine Europeo di Inclusione e Innovazione Dic 2019 Numero 5 p.34

Workshop sulle Disabilità Invisibili a metà della seconda colonna. In un’anno abbia svolto un vero e proprio road show con questo workshop nelle città di Firenze, Padova, Milano, Napoli e Roma. Le persone di Findomestic sono davvero belle e  sono davvero contenta di aver potuto contribuire personalmente e con la mia collega Alessandra Scala, nel portare più consapevolezza su chi è veramente disabile, e che dal pregiudizio nessuno ne beneficia, dobbiamo dare valore all’ascolto e conoscerci. Le disabilità non sono sempre visibili!

Un grazie speciale a Simona Piva per la fiducia in questi anni e non vediamo l’ora di ripartire appena la pandemia ce lo permetterà.


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Elena Piani speaker @ “Parole Plurali: la forza di una lingua in più” il 29.11.18 c/o Impact Hub Firenze

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Parlare una lingua in più: è una forza o una fatica? Punti di vista e storie vere per scoprire il valore di un contesto sociale plurale in cui le lingue circolano e in cui tutte le lingue sono accolte in maniera positiva, in un’ottica di valorizzazione della diversità. Senza però sottovalutare l’impegno, personale e di comunità, che questo comporta.

– Luna Badawi, laureanda in ” Strategie della comunicazione pubblica e politica” presso l’Università degli Studi di Firenze e mediatrice linguistico culturale > Bilinguismo e biculturalismo: due binari che camminano insieme, ma non sempre s’incrociano
– Lola Barcelo, Kalandraka > Kalandraka edizioni, un corridoio culturale nel sud del Mediterraneo
– Francesca Bensi, Limo > Una lingua in più: un progetto per promuovere il plurilinguismo a Firenze
– Marzia Emmer, Emmer School > L’esperienza di una scuola dell’infanzia bilingue a Firenze: sogno o realtà?
– Claudia Manetti, assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Siena DISPOC (Department of Social, Political and Cognitive Science) > Conoscere il bilinguismo attraverso la ricerca scientifica
– Elena Piani, freelance italo-neozelandese > Confessioni di una figlia, professionista e mamma poliglotta

Per i piccoli: Letture e animazione in inglese per bambini/e da 3 anni
E per finire… continueremo a parlare molte lingue davanti a uno spritz! 🙂

Questo il link per registrarsi: https://bit.ly/2R4ZuQx

E qui l’evento Facebook: https://www.facebook.com/events/734294460271395/


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La sintesi della CSR

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La CSR è per alcune imprese è quella “pietra che è stata rifiutata, ed è divenuta la pietra angolare” (adattato da Atti 4,11), ma forse prima serve credere che se “gettiamo la rete al lato destra della barca, troveremo pesce” (adattato da Gv 21, 1-14).

Prima iniziamo a ragionare e compiere piccoli passi verso l’istituzione di buone pratiche in input e processi, maggiori le chance di output e di outcome, ovvero di un impatto ambientale-economico e sociale dell’essere impresa in un contesto specifico mondiale (vedi SDGs).

Vale la pena investire e non pensare che la CSR sia un costo, perché abbiamo la possibilità di essere competitivi sui prodotti e migliorare il posizionamento del brand, nonché di entrare in un sistema che alimenti il bene comune di cui facciamo parte dalla terra, all’individuo, alla società.

Sicuramente l’impresa ha obblighi legali di cosa portare a bilancio, ma c’è tutta un’altra parte volontaria che l’impresa sceglie di aggiungere. Su quest’ultima nota infatti, si è iniziato è iniziato a inserire come pratica, il bilancio integrato, ovvero un sistema di rendicontazione delle performance economiche, sociali, ambientali, sintetizzato all’interno di un’unica pubblicazione coincidente con il bilancio d’esercizio o il bilancio consolidato di una società. Rappresenta un’evoluzione della rendicontazione di sostenibilità.

La CSR è un’opportunità di innovazione e cambiamento culturale necessario per riportare il valore allo sviluppo economico e sociale, garantendo il connubio con l’ambiente.

 


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Esistono Certificazioni della CSR?

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Oltre che alle numerose certificazioni legate alla qualità rilasciate da enti come Bureau Veritas, DNVGL e TUV (basta pensare alla SA8000, ISO 9001:2008, ISO 14001 etc) che si possono inserire nei bilanci di sostenbilità d’impresa a dimostrazione dell’impegno dell’impresa verso i suoi stakeholders, esiste anche la ISO 26000 che però non è certificabile, ma bensì uno standard di riferimento e molto ambizioso.

Da due anni la Bocconi rilascia le certificazioni alle imprese performanti sulla CSR. Bocconi, J.P. Morgan Private Bank, PwC, Thomson Reuters e Gruppo 24 ORE hanno stretto un accordo triennale con la finalità di premiare le migliori aziende che creano valore economico, tecnologico, umano, sociale e ambientale, operando in modo complessivamente sostenibile.

E’ nato quindi il Best Performance Award, il premio annuale dedicato alle imprese italiane, che si distinguono per l’eccellenza nello sviluppo sostenibile inteso in un’accezione ampia, ovvero come la capacità di fare impresa garantendo la continuità aziendale (condizione necessaria) nel rispetto di:

· dimensione umana e ambientale (Green & Social),

· innovazione (Innovation & Technology)

· gestione economica (Value Added)

Poi ci sono gruppi di lavoro che aderiscono ad esempio al Global Compact Network Italia che si impegnano al raggiungimento degli SDGs, poi ci sono le certificazioni per i bilanci sociali migliori (Oscar di Bilancio FERPI) e tante altre opportunità di visibilità (reputation building) come l’ultimo che ho visto apparire “Green Carpet Fashion Award” e contestato perché percepito come “greenwashing”. Il trend è in crescita, dipende qual’è il nostro target di comunicazione, a chi vogliamo comunicare il nostro impatto socio-economico-ambientale, e quindi il nostro “purpose”, ovvero lo scopo dell’essere impresa responsabile e sostenibile.

 


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E tu quale società vuoi?

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I tempi di realizzazione sono lunghi perché viviamo nel cinismo, paura e giudizio. I processi sono complessi perché prevedono collaborazione di attori che non abbiamo mai coinvolto. Il ritorno economico non è immediato, ma i trend dimostrano che investire nella civiltà, e nel senso di cittadinanza attiva, è la via per un’impresa sostenibile.

Occorre avere un CSR manager, alle dirette dipendenze dell’alta direzione, che sia visionario, innovativo e consapevole delle sfide e opportunità del mercato diretto e indiretto e degli stakeholder, che non faccia solo auditing, ma che conosca il sistema impresa e l’impresa stessa, comprenda l’imprenditorialità e le normative, che sappia ascoltare e coinvolgere, che sappia relazionarsi e influenzare la strategia, dovrebbe avere un portafoglio (budget) e delega per esercitare un potere decisionale e non solo informativo o consultivo.

Nel tempo stimo che la CSR è una funzione che sarà assimilata nella visione strategica e cultura d’impresa, distribuita al middle management funzionale e divisionale, e partecipata dal personale dipendente e catena di fornitura.

Contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio, della nazione e del pianeta, è una responsabilità che non spetta solo ai vertici, ma a tutti i livelli d’impresa, come anche a tutto l’ecosistema di cui esso fa parte.

 


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Il cause-related marketing o la beneficenza sono CSR?

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Il cause-related marketing consiste nel dedicare una percentuale (o anche un importo definito in partenza, ad esempio, 1 Euro etc.), dei ricavi delle vendite di un prodotto o servizio ad un ente not-for-profit, vuol dire avviare una campagna marketing che è dedicata a sostenere una buona causa. Il primo programma di cause related marketing (CRM) è stato realizzato nel 1983 dalla business unit Travel-Related Services di American Express, in occasione di un progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà. In tale circostanza American Express promise di donare un penny per ogni transazione effettuata attraverso le carte di credito e un dollaro per ogni nuova carta registrata nei primi tre mesi del 1983, effettuando in tal modo una massiccia campagna di comunicazione diretta tanto ai clienti esistenti quanto a quelli potenziali. I risultati furono sorprendenti, American Express registrò un incremento del 28% nell’uso delle carte di credito rispetto allo stesso periodo del 1982 ed un notevole incremento delle nuove adesioni. Il contributo che American Express diede ad Ellis Island Foundation, per il restauro della Statua della Libertà, fu di 1,7 milioni di dollari.

Se portiamo questo esempio ad oggi, con le ultime statistiche possiamo stimare che avviare una campagna CRM, possa far si che le vendite aumentano del 50%, e che porti con se sempre dei benefici anche sociali.

Il ritorno economico per le imprese è doppio, sia l’aumento dei ricavi, ma anche la possibilità di poter prendere vantaggio di agevolazioni fiscali. Il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, art. 83), ha istituito una detrazione dall’IRPEF pari al 30% degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro effettuate con modalità tracciabili o in natura, a favore degli enti del Terzo settore non commerciali, per un importo complessivo dell’erogazione non superiore a 30.000 euro in ciascun periodo di imposta. La detrazione è elevabile al 35% qualora l’erogazione liberale in denaro sia a favore di organizzazioni di volontariato. La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento tracciabili. È stata inoltre prevista una deduzione nei limiti del 10% del reddito complessivo dichiarato da enti e società o da persone fisiche.

Questa azione potrebbe essere quindi giudicata strumentale, ma è comunque anche morale. La mancanza di una più profonda moralità si presenta qualora l’impresa non dichiari quanti ricavi reali ha avuto, e magari non devolve in beneficenza tutto quello che prometteva, perché aveva preventivamente stabilito un minimo e non valutato il potenziale ritorno economico massimale per entrambe.

L’altra opportunità mancata, è di creare una partnership con le ETS (enti del terzo settore, ovvero le no-profit). Un partnership per definizione è un rapporto di media-lunga durata, e non un evento “one-off”. Vuol dire che l’impresa si impegna a rinnovare il progetto, operazione o collaborazione con l’ente no profit, e si cresce insieme. Si perchè anche il profit, ha molto da imparare dalle no-profit. Le profit possono aiutare le no-profit a organizzare la loro struttura (prestare ore pro-bono per migliorare la gestione delle risorse umane, aiutare con il bilancio economico, consulenze legali etc), assistere a capire come migliorare la comunicazione e il coinvolgimento dei volontari, reperire volontari nella sua impresa (e potrebbe riconoscere e anche valorizzare una prestazione di volontariato retribuita), donare dei suoi prodotti obsoleti per l’impresa (esempio PC o altro), ma non per l’uso della no-profit, o facilitare la messa in rete con altre imprese del territorio, a cui la no-profit può ulteriormente offrire dei suoi prodotti o servizi, specialmente se a scopo sociale. Qui si introduce un discorso più ampio, di filantropia strategica e di creazione di valore condiviso che dovrò esplicare in un successivo articolo.

 


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Qual’è il rapporto tra consumatore eco-equo e impresa responsabile?

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Ed è su quest’ultima nota che si apre lo scenario reale. È proprio il consumatore che sta portando, grazie alla sua propensione verso un rispetto ambientale e sociale, all’acquisto di prodotti o servizi da imprese che producono in maniera sostenibile.

Secondo la ricerca Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability 2015 prestigioso istituto di ricerca a livello mondiale, i consumatori di tutto il mondo stanno privilegiando, sempre più gli acquisti da quei marchi che si impegnano per un cambiamento sociale e ambientale positivo. Il 66% dei consumatori dichiara di essere disposto a pagare di più per un brand “responsabile”, con un trend in crescita dal 55% del 2014 e dal 50% del 2013.

Gli italiani sono allineati con la media europea, con il 52% dei consumatori che riconosce un prezzo maggiore ai prodotti che offrono questo beneficio collettivo e si tratta di un trend in continua crescita, In Italia, peraltro, gli aspetti legati alla protezione dell’ambiente risultano più importanti di quelli legati all’impatto sociale: il 41% ha acquistato il prodotto perché la società produttrice è nota per essere amica dell’ambiente e il 38% per la confezione a basso impatto ambientale. I valori sociali sono distanziati, con il 33% di scelta per l’impegno sociale e il 31% per l’impatto diretto sulla propria comunità.

In breve, i consumatori stanno impiegando il loro potere d’acquisto per supportare brand che riflettono i loro valori e preferenze. Il consumatore richiede sempre più prodotti buoni: buoni per l’acquirente e buoni per la comunità e l’ambiente. La connessione con i consumatori è dunque fondamentale a questo livello, ed è essenziale per costruire la fedeltà del marchio in un panorama competitivo e dinamico con ritmi serrati.

Il trend in continua crescita rappresenta un’opportunità per i produttori, sia in termini di maggior potenziale di fatturato che per creare le basi per una crescita sostenibile dell’azienda stessa.