Tag Archives: CSR

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E tu quale società vuoi?

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I tempi di realizzazione sono lunghi perché viviamo nel cinismo, paura e giudizio. I processi sono complessi perché prevedono collaborazione di attori che non abbiamo mai coinvolto. Il ritorno economico non è immediato, ma i trend dimostrano che investire nella civiltà, e nel senso di cittadinanza attiva, è la via per un’impresa sostenibile.

Occorre avere un CSR manager, alle dirette dipendenze dell’alta direzione, che sia visionario, innovativo e consapevole delle sfide e opportunità del mercato diretto e indiretto e degli stakeholder, che non faccia solo auditing, ma che conosca il sistema impresa e l’impresa stessa, comprenda l’imprenditorialità e le normative, che sappia ascoltare e coinvolgere, che sappia relazionarsi e influenzare la strategia, dovrebbe avere un portafoglio (budget) e delega per esercitare un potere decisionale e non solo informativo o consultivo.

Nel tempo stimo che la CSR è una funzione che sarà assimilata nella visione strategica e cultura d’impresa, distribuita al middle management funzionale e divisionale, e partecipata dal personale dipendente e catena di fornitura.

Contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio, della nazione e del pianeta, è una responsabilità che non spetta solo ai vertici, ma a tutti i livelli d’impresa, come anche a tutto l’ecosistema di cui esso fa parte.

 


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Il cause-related marketing o la beneficenza sono CSR?

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Il cause-related marketing consiste nel dedicare una percentuale (o anche un importo definito in partenza, ad esempio, 1 Euro etc.), dei ricavi delle vendite di un prodotto o servizio ad un ente not-for-profit, vuol dire avviare una campagna marketing che è dedicata a sostenere una buona causa. Il primo programma di cause related marketing (CRM) è stato realizzato nel 1983 dalla business unit Travel-Related Services di American Express, in occasione di un progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà. In tale circostanza American Express promise di donare un penny per ogni transazione effettuata attraverso le carte di credito e un dollaro per ogni nuova carta registrata nei primi tre mesi del 1983, effettuando in tal modo una massiccia campagna di comunicazione diretta tanto ai clienti esistenti quanto a quelli potenziali. I risultati furono sorprendenti, American Express registrò un incremento del 28% nell’uso delle carte di credito rispetto allo stesso periodo del 1982 ed un notevole incremento delle nuove adesioni. Il contributo che American Express diede ad Ellis Island Foundation, per il restauro della Statua della Libertà, fu di 1,7 milioni di dollari.

Se portiamo questo esempio ad oggi, con le ultime statistiche possiamo stimare che avviare una campagna CRM, possa far si che le vendite aumentano del 50%, e che porti con se sempre dei benefici anche sociali.

Il ritorno economico per le imprese è doppio, sia l’aumento dei ricavi, ma anche la possibilità di poter prendere vantaggio di agevolazioni fiscali. Il Codice del Terzo Settore (D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117, art. 83), ha istituito una detrazione dall’IRPEF pari al 30% degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro effettuate con modalità tracciabili o in natura, a favore degli enti del Terzo settore non commerciali, per un importo complessivo dell’erogazione non superiore a 30.000 euro in ciascun periodo di imposta. La detrazione è elevabile al 35% qualora l’erogazione liberale in denaro sia a favore di organizzazioni di volontariato. La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento tracciabili. È stata inoltre prevista una deduzione nei limiti del 10% del reddito complessivo dichiarato da enti e società o da persone fisiche.

Questa azione potrebbe essere quindi giudicata strumentale, ma è comunque anche morale. La mancanza di una più profonda moralità si presenta qualora l’impresa non dichiari quanti ricavi reali ha avuto, e magari non devolve in beneficenza tutto quello che prometteva, perché aveva preventivamente stabilito un minimo e non valutato il potenziale ritorno economico massimale per entrambe.

L’altra opportunità mancata, è di creare una partnership con le ETS (enti del terzo settore, ovvero le no-profit). Un partnership per definizione è un rapporto di media-lunga durata, e non un evento “one-off”. Vuol dire che l’impresa si impegna a rinnovare il progetto, operazione o collaborazione con l’ente no profit, e si cresce insieme. Si perchè anche il profit, ha molto da imparare dalle no-profit. Le profit possono aiutare le no-profit a organizzare la loro struttura (prestare ore pro-bono per migliorare la gestione delle risorse umane, aiutare con il bilancio economico, consulenze legali etc), assistere a capire come migliorare la comunicazione e il coinvolgimento dei volontari, reperire volontari nella sua impresa (e potrebbe riconoscere e anche valorizzare una prestazione di volontariato retribuita), donare dei suoi prodotti obsoleti per l’impresa (esempio PC o altro), ma non per l’uso della no-profit, o facilitare la messa in rete con altre imprese del territorio, a cui la no-profit può ulteriormente offrire dei suoi prodotti o servizi, specialmente se a scopo sociale. Qui si introduce un discorso più ampio, di filantropia strategica e di creazione di valore condiviso che dovrò esplicare in un successivo articolo.

 


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Qual’è il rapporto tra consumatore eco-equo e impresa responsabile?

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Ed è su quest’ultima nota che si apre lo scenario reale. È proprio il consumatore che sta portando, grazie alla sua propensione verso un rispetto ambientale e sociale, all’acquisto di prodotti o servizi da imprese che producono in maniera sostenibile.

Secondo la ricerca Nielsen Global Survey of Corporate Social Responsibility and Sustainability 2015 prestigioso istituto di ricerca a livello mondiale, i consumatori di tutto il mondo stanno privilegiando, sempre più gli acquisti da quei marchi che si impegnano per un cambiamento sociale e ambientale positivo. Il 66% dei consumatori dichiara di essere disposto a pagare di più per un brand “responsabile”, con un trend in crescita dal 55% del 2014 e dal 50% del 2013.

Gli italiani sono allineati con la media europea, con il 52% dei consumatori che riconosce un prezzo maggiore ai prodotti che offrono questo beneficio collettivo e si tratta di un trend in continua crescita, In Italia, peraltro, gli aspetti legati alla protezione dell’ambiente risultano più importanti di quelli legati all’impatto sociale: il 41% ha acquistato il prodotto perché la società produttrice è nota per essere amica dell’ambiente e il 38% per la confezione a basso impatto ambientale. I valori sociali sono distanziati, con il 33% di scelta per l’impegno sociale e il 31% per l’impatto diretto sulla propria comunità.

In breve, i consumatori stanno impiegando il loro potere d’acquisto per supportare brand che riflettono i loro valori e preferenze. Il consumatore richiede sempre più prodotti buoni: buoni per l’acquirente e buoni per la comunità e l’ambiente. La connessione con i consumatori è dunque fondamentale a questo livello, ed è essenziale per costruire la fedeltà del marchio in un panorama competitivo e dinamico con ritmi serrati.

Il trend in continua crescita rappresenta un’opportunità per i produttori, sia in termini di maggior potenziale di fatturato che per creare le basi per una crescita sostenibile dell’azienda stessa.

 


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Change Management per la DI VITTORIO Coop. Soc. – Identità organizzativa e Engagement 30% popolazione aziendale

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Identità organizzativa e Engagement per la DI VITTORIO Coop. Soc.

Un anno di lavoro, oltre 300 ore di aula e 100 desk, il tutto per rivedere l’identità organizzativa della cooperativa sociale G.Di Vittorio (tipo A+B), la più grande in Toscana con oltre 40 milioni di fatturato e 1500 dipendenti. La cooperativa, giunta al suo 40mo compleanno, desideravo coinvolgere i dipendenti sui diversi servizi agli anziani, all’infanzia, ai disabili e ai malati mentali e emarginati in generale, per condividere il percorso fatto fino ad oggi e seminare per il futuro della cooperativa.

Il progetto si è articolato in 7 fasi

  1. Board engagement e definizione della Visione, Missione e Valori.
  2. Coinvolgimento e rivisitazione dell’identità con proposte progettuali del primo livello (creare ambasciatori del cambiamento organizzativo).
  3. Coinvolgimento di oltre 200 risorse da tutti i servizi in diversi territori per coinvolgerli e ricevere una restituzione delle emozioni e delle progettualità (creare agenti di cambiamento)
  4. Formazione sulla comunicazione interna e ri-organizzazione delle risorse tra gli uffici e sedi.
  5. Accompagnamento dei gruppi di affinità Welfare e Comunicazione.
  6. Definizione del Brand Book per creare armonia nella comunicazione organizzativa.
  7. Report finale conclusivo del percorso e raccomandazioni.

Un progetto ambizioso, ma bellissimo per l’energia sprigionata e anche un nuovo buy-in dei soci e dipendenti dell’organizzazione. Quando un’organizzazione cresce, è facile non comprenderne le decisioni strategiche e anche perdere di vista la ragione fondante del perché fosse stata fondata, dalle persone, in particolare donne, per le persone. I risultati economici contano anche per il settore no-profit, e le cooperative sociali sono sempre più chiamate a rendicontare non solo sugli impatti sociali, ma chiaramente a performare con efficienza ed efficace.

Il progetto si è concluso con la celebrazione del 40 anniversario a Massa Carrara e una brochure di sintesi con anche la timeline organizzativa celebrando le tappe di sviluppo e successo negli anni!

Lo sviluppo del territorio e paese si fonda su questi stakeholder, e con l’arrivo del privato, le cooperative sociali di tipo B devo essere competitive. La G. Di Vittorio è una grande organizzazione.

Ringrazio la Presidente Antonella Oronte e la Vicepresidente Lorella Masini per la fiducia accordata. Ringrazio anche l’agenzia formativa Pegaso per averci seguito nel percorso e il collega Massimo Borgatti per la co-docenza.

 


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Engagement delle Imprese Toscane & Speaker al Salone CSR e Innovazione Sociale, Firenze 5 Aprile 2017

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Clicca QUI per visualizzare la chiusura del Salone a Firenze

Nel 2017, in collaborazione con Koinètica, l’Università di Firenze e FAIR – abbiamo organizzato per la prima volta a Firenze la Tappa Fiorentina del Salone della CSR e Innovazione Sociale. L’evento ha rappresentato un’occasione per conoscere grandi e piccole organizzazioni del territorio impegnate in percorsi di sostenibilità. Aula Magna Polo delle Scienze Sociali Edificio D6, Via delle Pandette 9 5 aprile 2017 Dai valori della filiera del latte di Mukki – Centrale del latte della Toscana all’Occhio intelligente della città progettato da PlanSoft; dalle iniziative della Fondazione CR Firenze ai progetti di sostenibilità ambientale e di diversity management di Eli Lilly. E ancora il Manifesto Gucci sulla sostenibilità, le strategie di mitigazione del cambiamento climatico di Carbonsink, il programma Inclusion Every Day di GE Oil & Gas, la valorizzazione del territorio toscano di Acqua Panna.

Una mattinata ricca di spunti aperta dagli interventi di Gaetano Aiello, Direttore Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università di Firenze; Ugo Bardi, responsabile Comitato sostenibilità di ateneo Chiusa dal confronto tra Marco Bellandi, Professore ordinario, Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze; Francesca Conte, studentessa universitaria e CSRnative; Marco Tortora, DISEI-Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze; Elena Piani, Piani Projects.

Le slide degli interventi sono scaricabili in fondo alla pagina del link