Author Archives: elenapianinz

  • -

Quali sono i ruoli: dell’imprenditore, del middle management, dei dipendenti, dei fornitori, degli investitori, del governo, del consumatore e dei diversi stakeholder?

L’imprenditore condivide con il top management la volontà di generare bellezza e ricchezza nell’eco sistema di cui esso fa parte, è dotato di carisma, genera consenso, e crea delle deleghe che sono funzionali all’istituzione e al funzionamento organizzativo.

Tale approccio viene anche intrinsecamente raccontato nel libro verde della commissione europea del 2010, che descrive la responsabilità sociale e ambientale come “il modo in cui le società integrano su base volontaria le preoccupazioni sociali e ambientali nella loro attività economica e nelle loro relazioni con le parti in causa”.

Il middle management, ha l’obbligo dirigenziale di presidiare la visione, la missione, i valori, cosa, come, quando vengono raggiunti gli obiettivi tattici dell’impresa. Tuttavia, una ricerca del 2017 svolta da Globescan e Frost&Sullivan ( White Paper CSR Europe ) indica che lo staff aziendale non conosce gli SDGs (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), e questo è una barriera enorme all’avanzamento della CSR e sostenibilità del pianeta. C’è molta formazione tecnica e anche esperienziale da svolgere su questa fascia di dipendenti che fanno da tappo culturale alla performance dell’impresa!

I dipendenti per definizione sono operativi, hanno l’obbligo di rispettare processi e norme che il top management e lo staff, ha creato per far funzionare l’impresa in maniera responsabile, e partecipare a questa cultura d’impresa. Saranno loro i primi ambasciatori del brand dell’impresa, ogni dipendente è un cittadino in rete, e può anche grazie all’uso dei social network contribuire alla reputazione e vendite dei prodotti e servizi della sua impresa. Qualora i dipendenti “sposano” i valori dell’impresa per la quale lavorando, è naturale parlare di senso di appartenenza e quindi di difesa verso l’azienda e non l’attacco che testimoniamo troppo spesso negli scioperi sindacali o crisi aziendali. Trovo utile sottolineare che la concorrenza si sta spostando sempre più sulla qualità delle risorse umane e non necessariamente verso il prodotto o servizio, perché senza personale adeguato non è possibile fare funzionare l’impresa, e la robotica, ha comunque bisogno di un coordinamento, che sia programmato digitalmente o manualmente.

I fornitori invece si trovano spesso, a seconda del settore, messi con le spalle al muro. Il fornitore è raramente di grandi dimensioni, e non ha molti mezzi economici per investire in processi o permettersi una formazione adeguata sulla sostenibilità, che sarebbe necessaria per l’attivazione delle stesse politiche sostenibili condivise e da rendicontare. Devo riconoscere che sono molte le imprese che ancora non sanno che esistono i fondi interprofessionali, ovvero non sanno che versano una parte delle loro tasse in questi fondi, e che possono godere di formazione gratuita.

Con l’assenza di un dialogo e partecipazione del fornitore visione dell’impresa cliente, è quasi impossibile che il fornitore sia mosso da un contratto morale, e trova nella richiesta di essere conforme, la parte strumentale della CSR, senza comprendere i benefici di attivare un approccio culturale al creare valore condiviso. Sarebbe molto interessante se l’impresa cliente iniziasse a vedersi come protagonista del cambiamento sostenibile, che creasse gruppi di studio e collaborazione tra fornitori. Sul singolo fornitore dovrebbe, a mio avviso, impegnarsi per conoscere il suo fornitore e allineare i valori. Nutrire una relazione, offrire un contratto di lungo termine, ridurre i tempi di pagamento, collaborare ad una formazione continua, lavorare e condividere buone pratiche e magari allargare le possibilità di network marketing. Chiaramente, anche il fornitore dovrebbe fare lo stesso, ovvero magari trovare sinergie verticali e orizzontali nel mercato e orientarsi ad un approccio più eco-sistemico.

Sarebbe interessante che l’impresa facesse da capofila con i suoi fornitori per incentivarli ad investire in impianti di efficientamento energetico alimentato da risorse sostenibili. L’investimento può essere anche “semplice”, come quello di negoziare una tariffa collettiva per la consulenza per studiare un impianto sostenibile. Non vuol dire quindi che è il cliente che paga per questo, ma che decide di collaborare con i suoi fornitori per diffondere una cultura possibile della sostenibilità.

In un altro passaggio del Libro Verde, troviamo il ruolo importante del governo utile a alimentare la spinta alla sostenibilità “norme più chiare in materia di informativa finanziaria possono contribuire ad una migliore valutazione delle società UE e permettere alle imprese e agli investitori di mettere l’accento sulle questioni di sostenibilità”, a questa voce si possono aggiungere incentivi, detassazione, ammortamenti e altre manovre fiscali.

Ci sono poi una varietà di stakeholders che influenzano la CSR di un’azienda, dal rapporto con i sindacati, agli investitori, alle università, alle ONG e tante altre.

Non ultimo, il consumatore ha un ruolo fondamentale. Nel libro di Yvon Chouinard, CEO di Patagonia, Let my people go surfing tra le 10 frasi più importanti ci condivide “if you want to change government, you have to aim at changing corporations, and if you want to change corporation, you first have to change the consumers. Whoa, wait a minute! The consumer? That’s me. You mean I’m the one who has to change?”. Con questo passaggio capiamo che forse la vera CSR è quella che ognuno di noi, proprio come consumatori, possiamo fare per alimentare un sistema che si impegni nel concretizzare processi e soluzioni per raggiungere uno sviluppo sostenibile. La CSR è ISR, ovvero responsabilità sociale individuale, si dovrebbe iniziare a parlare di USR, ovvero una responsabilità sociale delle Università per istruire alla sostenibilità globale e dirigersi verso una Responsabilità Sociale Universale.

 


  • -

Qual’è la motivazione alla CSR?

La motivazione ad avviare un percorso della CSR è conseguentemente divisa in due approcci: quella strumentale e quella morale.

In quella strumentale troviamo la volontà di migliorare la reputazione, la motivazione e spirito di squadra, ottenere la licenza di operare, la riduzione di costi e rischi, e l’aumento delle vendite. In quella intrinseca invece, il rispetto dei diritti umani, il rispetto dell’ambiente, la tensione al bene comune, la giustizia ed equità.

La purezza della CSR è quando nasce da un imprenditore mosso dal profondo, consapevole dell’opportunità sociale e generativa del fare impresa, e fiducioso che nel rispetto ambientale e normativo c’è, grazie alla base sociale, la risposta di un’offerta del servizio/prodotto che è diverso, e che produce vantaggi economici-finanziari. I margini, non sono tutti finalizzati al puro profitto, sono sostenibili, ovvero permetteranno di attrarre nuovo capitale, e di alimentare il miglioramento del ciclo vitale dell’impresa perché saranno portatori di un cambiamento culturale necessario.

 


  • -

Cosa vuol dire fare CSR o anche essere un’impresa responsabile?

Per comprendere l’ampiezza della CSR è possibile fare riferimento ai 10 Principi del Global Compact, alla ISO 26000 e agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, UN Agenda 2030. Per valutare la CSR di un’impresa invece dobbiamo analizzare il Bilancio, d’esercizio e sociale, e preferibilmente attivare anche qualche ricerca qualitativa a campione.

Per definire l’opportunità della CSR basta soffermarsi sulla ricerca di come può essere garantita la sostenibilità d’impresa, e prendere maggiore consapevolezza delle responsabilità che competono al fare impresa. Fare impresa, vuol dire equilibrio economico, generazione di ricchezza, e affrontare le attese di ordine sociale e ambientale, sapere organizzare e gestire un’impresa è complesso e merita riconoscimento qualora riesca a rispondere a queste molteplici attese, sia economiche, che morali.

In questo articolo proponiamo di riflettere al cambiamento che stiamo vivendo come individui, come società e come pianeta, perché fare impresa vuol dire produrre con la consapevolezza che abbiamo un impatto ambientale, sociale ed economico.

Essere impresa responsabile, vuol dire produrre con la consapevolezza dello scenario ambientale nel quale ci troviamo. Vuol dire rivedere i nostri processi produttivi per approvvigionarsi di materie prime sostenibili, riciclate o locali; vuol dire produrre con energia da fonti rinnovabili o alternative; vuol dire ridurre il consumo di acqua; vuol dire rivedere il design dei nostri prodotti che riducono al minimo gli scarti; vuol dire riguardare il packaging; vuol dire ottimizzare la distribuzione; vuol dire attrarre consumatori responsabili; vuol dire riparare; vuol dire gestire il trattamento dei rifiuti e inquinare meno; vuol dire riciclare e rimettere nel processo produttivo la nostra stessa produzione in un sistema di economia circolare; dove le collaborazioni sono al centro del fare meglio.

Essere impresa responsabile vuol dire ridurre le emissioni, non solo grazie al processo produttivo ed efficientamento energetico, ma anche rivedendo la mobilità dei propri dipendenti, investendo in tecnologia come videoconferenze, o attivare lo smartworking, vuol dire promuovere salute e benessere negli ambienti di lavoro. È possibile acquistare crediti di compensazione, o anche piantare alberi, ma questa non è sostenibilità collettiva e a lungo termine. Attenzione, non vuol dire che non è bene compensare, ma vuole solo dire che sposti il problema, scegli di non cogliere l’opportunità di rivedere la tua strategia.

Essere impresa responsabile vuol dire rispettare le norme di sicurezza sui prodotti e negli ambienti di lavoro, vuol dire non usare sostanze chimiche dannose, vuol dire attivare politiche di welfare, vuol dire permettere l’associazione ai sindacati, vuol dire provvedere ad un equo compenso, non praticare lavoro minorile, uguaglianza di genere, e tutti i diritti umani.

Essere impresa responsabile vuol dire non produrre ricchezza grazie alla corruzione, all’evasione fiscale, vuol dire rispettare la privacy, vuol dire essere trasparenti nella rendicontazione finanziaria. Inoltre, dal 25 gennaio 2017 è entrata in vigore il DL del 30 dicembre 2016, n. 254 che prevede l’obbligo di presentare una dichiarazione individuale di carattere non finanziario per le imprese di interesse pubblico che abbiano avuto, in media, durante l’esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a 500 e, alla data di chiusura del bilancio, abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro.

Essere impresa responsabile vuol dire vivere nel territorio, investire nella formazione delle risorse locali, facilitare lo sviluppo di politiche diverse, collaborare con enti no-profit, vuol dire collaborare con gli stakeholder del territorio in tutte le forme ambientali, sociali, ed economiche (ESG – Environment, Social and Governance), vuol dire partecipare alla società, avere una reputazione positiva misurabile e gestibile.

 


  • -

La CSR è profezia o realtà: cosa offre alla nostra società?

La responsabilità sociale d’impresa (RSI), anche denominata con l’acronimo inglese CSR (Corporate Social Responsibility) è una tematica che viene ancora ricercata su internet per la sua definizione.

Per alcune imprese è sinonimo di innovazione e competitività, viene percepita come un’opportunità perché crea differenziazione e offre una possibilità di relazionarsi con un network più ampio proprio ai fini di realizzare valore condiviso (CSV – Corporate Shared Value).

Per altre imprese invece, la CSR è fonte di preoccupazioni economiche e burocratiche, viene percepita come un vincolo, dove la conformità agli standard devono essere accompagnati da strumenti di risk management. A tal fine si limitano a rispondere ai requisiti di certificazione richiesti dalla legge, ad attivare qualche iniziativa di welfare aziendale, qualche progetto di cause-related marketing o ancora di beneficenza.

Il terzo caso invece, sono le imprese che svolgono una CSR inconscia, ovvero che non sono consapevoli di farla, oppure sanno qualcosa, ma scelgono volontariamente di non raccontarla, perché fa parte del loro DNA e credono che rendendola pubblica, ammazzi il valore etico di essere un’impresa responsabile.

L’identità delle imprese si fonda sulla storia, la vision, la mission, i valori, e gli obiettivi strategici, operativi e tattici. Per quanto si possa robotizzare un’impresa, e per quanto la si possa organizzare, servono le risorse umane, che vanno motivate a lavorare. Per motivare le persone che compongono l’organizzazione, è possibile utilizzare approcci di “push” (top-down) o di “pull” (bottom-up). Considerando l’epoca di volatilità, ambiguità, complessità e incertezza (VACU) nella quale viviamo, è utile considerare il management by values (MBV) come la modalità da prediligere per favorire il change management che ci viene richiesto dal sistema. La CSR può essere un valore o permettere di riflettere alcuni nuovi valori dell’essere impresa?

Ritengo che una buona CSR debba essere integrata nella cultura aziendale e nella catena di valore, ci debba essere la volontà di investire nel desiderio di avere impatto positivo nell’eco-sistema, e non offre ritorni di lungo termine se partono da un ego-sistema. Per attivare questa possibilità di partecipazione sociale, l’impresa deve condividere quindi un piano strategico sia internamente, che esternamente, cercando sostegno tra gli investitori e le P.A., misurare il suo progresso, anche confrontandosi con altri player del mercato e cercando soluzioni insieme.

La concorrenza si prospetta ad essere improntata sulla capacità delle imprese a misurare e a testimoniare la sua capacità ad aver inserito processi di produzione circolare, di aver prodotto maggior benessere per le comunità, di aver contribuito a partenariati per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Per fare questo, servono talenti, persone dotate di competenze tecniche, essere inclusivi, avere immaginazione e coraggio, essere consapevoli e visionari. La concorrenza è sui talenti che le imprese riescono a reclutare, conoscere, far crescere e trattenere. Ricerche di mercato testimoniano che oltre il xxx i giovani scelgono le imprese per i loro valori e processi etici. E per trattenerli e renderli competitivi? Oltre che fare formazione tecnica, anche sui temi “cutting-edge”, l’impresa dovrebbe investire in strumenti di ascolto e laboratori esperienziali di accrescimento di competenze relazionali e infra-divisionali, creare e gestire team che sappiano interfacciarsi e collaborare, team capaci di valutare se il problema che appare, esiste veramente, e cercano una soluzione nell’angolo cieco della leadership tramite metodologie di sperimentazione (Javelin board et altri, basati su dialogo e prodotto minimo MVP).

Come si può mantenere l’entusiasmo dell’inizio di un impiego e trovare riconoscimenti per valorizzare il piccolo contributo individuale? Su questa domanda si apre il tema delle aspettative, degli strumenti della gestione risorse umane e comunicazione interna, che sono spesso sottovalutati perché soggetti a mutamenti repentini. La motivazione profonda sul lavoro potrebbe risiedere nella consapevolezza di fare parte di una dimensione più articolata di essere impresa, dove il profitto è funzionale alla crescita economica e sociale dei territori, sempre con il rispetto dell’ambiente e della governance.

 


  • -

U.Lab come strumento per attivare il Green Office nelle Università

Tags : 

Il 17 Marzo 2018, ho avuto l’opportunità di condividere, in occasione del Week End in Santa Marta “Società Sostenibile”, una visione di leadership trasformativa per l’educazione universitaria. La proposta è di poter attivare il Green Office in un percorso U.lab per elaborare un’intenzione collettiva verso un futuro che deve ancora emerge dell’Ateneo, e portare testimonianza di alcuni prototipi al Symposium Internazionale Atenei Sostenibili a Dicembre 2018. Comprendere a fondo cosa è possibile per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, grazie ad un ascolto diverso, partendo dal basso.

Per ascoltare l’intervento è possibile andare su You tube al seguente link: https://youtu.be/VWKfEDVNtSs


  • -

Change Management per la DI VITTORIO Coop. Soc. – Identità organizzativa e Engagement 30% popolazione aziendale

Tags : 

Identità organizzativa e Engagement per la DI VITTORIO Coop. Soc.

Un anno di lavoro, oltre 300 ore di aula e 100 desk, il tutto per rivedere l’identità organizzativa della cooperativa sociale G.Di Vittorio (tipo A+B), la più grande in Toscana con oltre 40 milioni di fatturato e 1500 dipendenti. La cooperativa, giunta al suo 40mo compleanno, desideravo coinvolgere i dipendenti sui diversi servizi agli anziani, all’infanzia, ai disabili e ai malati mentali e emarginati in generale, per condividere il percorso fatto fino ad oggi e seminare per il futuro della cooperativa.

Il progetto si è articolato in 7 fasi

  1. Board engagement e definizione della Visione, Missione e Valori.
  2. Coinvolgimento e rivisitazione dell’identità con proposte progettuali del primo livello (creare ambasciatori del cambiamento organizzativo).
  3. Coinvolgimento di oltre 200 risorse da tutti i servizi in diversi territori per coinvolgerli e ricevere una restituzione delle emozioni e delle progettualità (creare agenti di cambiamento)
  4. Formazione sulla comunicazione interna e ri-organizzazione delle risorse tra gli uffici e sedi.
  5. Accompagnamento dei gruppi di affinità Welfare e Comunicazione.
  6. Definizione del Brand Book per creare armonia nella comunicazione organizzativa.
  7. Report finale conclusivo del percorso e raccomandazioni.

Un progetto ambizioso, ma bellissimo per l’energia sprigionata e anche un nuovo buy-in dei soci e dipendenti dell’organizzazione. Quando un’organizzazione cresce, è facile non comprenderne le decisioni strategiche e anche perdere di vista la ragione fondante del perché fosse stata fondata, dalle persone, in particolare donne, per le persone. I risultati economici contano anche per il settore no-profit, e le cooperative sociali sono sempre più chiamate a rendicontare non solo sugli impatti sociali, ma chiaramente a performare con efficienza ed efficace.

Il progetto si è concluso con la celebrazione del 40 anniversario a Massa Carrara e una brochure di sintesi con anche la timeline organizzativa celebrando le tappe di sviluppo e successo negli anni!

Lo sviluppo del territorio e paese si fonda su questi stakeholder, e con l’arrivo del privato, le cooperative sociali di tipo B devo essere competitive. La G. Di Vittorio è una grande organizzazione.

Ringrazio la Presidente Antonella Oronte e la Vicepresidente Lorella Masini per la fiducia accordata. Ringrazio anche l’agenzia formativa Pegaso per averci seguito nel percorso e il collega Massimo Borgatti per la co-docenza.

 


  • -

Engagement delle Imprese Toscane & Speaker al Salone CSR e Innovazione Sociale, Firenze 5 Aprile 2017

Tags : 

Clicca QUI per visualizzare la chiusura del Salone a Firenze

Nel 2017, in collaborazione con Koinètica, l’Università di Firenze e FAIR – abbiamo organizzato per la prima volta a Firenze la Tappa Fiorentina del Salone della CSR e Innovazione Sociale. L’evento ha rappresentato un’occasione per conoscere grandi e piccole organizzazioni del territorio impegnate in percorsi di sostenibilità. Aula Magna Polo delle Scienze Sociali Edificio D6, Via delle Pandette 9 5 aprile 2017 Dai valori della filiera del latte di Mukki – Centrale del latte della Toscana all’Occhio intelligente della città progettato da PlanSoft; dalle iniziative della Fondazione CR Firenze ai progetti di sostenibilità ambientale e di diversity management di Eli Lilly. E ancora il Manifesto Gucci sulla sostenibilità, le strategie di mitigazione del cambiamento climatico di Carbonsink, il programma Inclusion Every Day di GE Oil & Gas, la valorizzazione del territorio toscano di Acqua Panna.

Una mattinata ricca di spunti aperta dagli interventi di Gaetano Aiello, Direttore Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa dell’Università di Firenze; Ugo Bardi, responsabile Comitato sostenibilità di ateneo Chiusa dal confronto tra Marco Bellandi, Professore ordinario, Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze; Francesca Conte, studentessa universitaria e CSRnative; Marco Tortora, DISEI-Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa, Università di Firenze; Elena Piani, Piani Projects.

Le slide degli interventi sono scaricabili in fondo alla pagina del link 

 


  • -

Corporate Communications e Responsabilità Sociale – Migliorare il benessere organizzativo e la relazione con il territorio

In senso più scientifico, comunicare implica l’emissione di un messaggio verso un ricevente attraverso un determinato canale. L’efficacia del messaggio tra emittente e ricevente viene compromessa dalla qualità attesa e percepita. Sono i fattori come il contesto (dove, come e quando), la relazione tra le parti (chi e perché) che ne determina la comprensione. Elemento chiave è l’ascolto a sua volta influenzato dal significato che attribuiamo alle parole, dalla rilevanza che hanno per noi, alle associazioni mentali che provocano e dalla nostra attenzione nel contesto.
Con lo studio di un messaggio pertinente per un’ audience specifica, usando un canale adeguato e con la consapevolezza del contesto nel quale lo proponiamo, abbiamo un’opportunità di ottenere la reazione desiderata, che possa essere un’adesione ad una buona causa, l’acquisto di un prodotto, l’aumento di motivazione o di efficienza produttiva etc.
Se il nostro obiettivo è il coinvolgimento di un determinato pubblico, è bene iniziare con un’analisi di quello che è stato fatto e comunicato fino a quel momento. Dopo una prima stesura di una lista (cosa, chi, come, quando, quanto, perché, budget e priorità e risultati eventuali) possiamo decidere cosa tenere ed eliminare.
La progettazione dei contenuti e strumenti, andrà allineata con gli obiettivi strategici dell’organizzazione. Per la valutazione potremo usare strumenti qualitativi come interviste, focus group, osservazione dei partecipanti, monitoraggio newsgroup e community online. Strumenti quantitativi come indagini su campione (survey), analisi di contenuto, e metriche come net promoter score.
La comunicazione interna deve essere capace di generare conoscenza ed alleanza, e se la nostra priorità organizzativa è la sostenibilità, deve strutturare messaggi e avviare canali di comunicazione capaci di far comprendere cosa si vuole fare per essere più sostenibili, e dare esempio concreto di azioni per essere individui che fanno della sostenibilità la loro filosofia di vita. La sostenibilità infatti non può limitarsi ad una responsabilità d’impresa, ma è una responsabilità degli individui che ne fanno parte: collaboratori, fornitori, clienti. Elemento determinante al successo sono le partnership con istituzioni e terzo settore presenti nel territorio.
Una volta che siamo “pronti” con un management e corpo sociale alleato e attivo su ambiente di lavoro collaborativo e sicuro, processi efficienti e prodotti innovativi, è possibile inserirsi in un mercato evoluto e sempre più consapevole. Starà al comunicatore trasmettere che la qualità è misurata e certificata, contemporaneamente dovrà sensibilizzare il cliente sul valore del prodotto che acquista, ed è anche determinato dall’impegno dell’organizzazione per la difesa dell’ambiente, del territorio, dei diritti umani, e la “buona gestione” economico-finanziaria.
Avviare un piano coerente di comunicazione esterna, capace di raccontare la strategia d’impresa per la sostenibilità, è un compito molto importante e interessante. Con una chiara visione, valori, obiettivi e quindi risultati misurabili, sarà possibile comunicare ai clienti interni ed esterni ciò che si sta facendo e dove stiamo andando, rendicontando l’efficacia degli investimenti in un’etica d’impresa, che vuole proprio il ben-essere della comunità del territorio in cui opera l’impresa. Svegliare la motivazione di essere un lavoratore, un cliente, un fornitore, un partner di un’impresa che si pone come problema il miglioramento del pianeta attraverso una gestione del profitto, del sistema produttivo (economia circolare) e delle sue risorse umane più consapevole e trasparente, permette l’aumento anche della produttività, l’afflusso di nuovi talenti, relazioni e capitali, riscoprendo così che può esistere un management che valorizzi l’uomo e il suo saper rispettare il territorio per le generazioni che verranno.


  • -

Comunicazione, Engagement e Sostenibilità – Agire localmente per generare valore globale

L’enciclopedia Treccani ci aiuta a definire la comunicazione come: trasmettere ad altro, rendere partecipe qualcuno di un contenuto mentale o spirituale, di uno stato d’animo, in un rapporto spesso privilegiato e interattivo. Più comunemente è l’atto e il fatto di partecipare, cioè di far conoscere, di rendere noto il contenuto stesso di ciò che si partecipa.
Le organizzazioni che decidono di investire in comunicazione, hanno la possibilità di trasmettere in maniera più efficiente ed efficace qual è il loro valore aggiunto e di incrementare l’adesione ad una buona causa, attrarre talenti, aumentare le vendite e relazionarsi con contenuti di interesse locale e globale.
Diventare protagonisti della sostenibilità implica:

  • una conoscenza delle motivazioni socio-economico-ambientali dietro al quadro logico istituzionale e certificativo;
  • una volontà di migliorare il presente e il futuro del pianeta, delle persone e del profitto;
  • il coinvolgimento dei portatori d’interesse (stakeholder), la ricerca di temi rilevanti e materiali per gli stessi relativamente alle priorità strategiche dell’organizzazione stessa.

I benefici sono, una visione più chiara sulle azioni da intraprendere e la loro priorità. Una volta che visione, valori ed obiettivi sono chiari, sarà più facile mettere insieme un piano di comunicazione che li facili e ne aiuti il raggiungimento. Il piano prevede comunicazioni strategiche, funzionali, creative e formative volte al miglioramento della reputazione.
In questa “semplificazione organizzativa”, è inclusa la generazione di un cerchio virtuoso di relazioni che contribuiscono alla messa in atto di un ascolto organizzato utile a ricercare e pianificare l’offerta di nuovi servizi e prodotti.
Parole d’ordine:

  • collaborazione e creazione di un sistema produttivo utile a confrontarsi sulle sfide globali;
  • trovare soluzioni creative per generare un benessere socio-economico-ambientale di interesse organizzativo, locale e capace di espandersi in più territori.

  • -

Migliorare la reputazione – comunicare il valore dei prodotti e il loro impatto sociale

Ottenere stima e considerazione in un mercato concorrenziale è una sfida. Le rivoluzioni industriali hanno fatto sì che il nostro sistema socio-economico sia cresciuto in un ambiente di concorrenza sleale, corruzione, alienazione, stress e carenza di comunicazione.
Nelle organizzazioni le persone diventano sempre più oggetto funzionale e non vengono valorizzate per la loro umanità, a tal punto che tutti la stiamo perdendo. E’ con la quarta rivoluzione industriale che il genere umano ha una possibilità per rivisitare l’evoluzione tecnologica in un contesto di ben-essere. La quarta rivoluzione trascina l’uomo in una riflessione sul suo valore e su quello della tecnologia.
Grazie ad una maggiore educazione, un mercato più liberale e investimenti nella ricerca e sviluppo, l’uomo ha saputo creare prodotti e servizi tecnologici che si sostituiscono al “lavoro dei suoi fratelli”. Questa rivoluzione porta alla perdita di posti di lavoro tradizionali, che saranno sostituiti da nuove professionalità e mestieri.
In questa fase di transizione è importante per chi governa, chi guida e chi ne è partecipe abbiano un patto di relazione, dove venga riconosciuta la collaborazione come un valore di inclusione sociale per rispondere ai bisogni dell’uomo e del pianeta.
Di fatto al momento stiamo trascurando che la tecnologia offre opportunità di essere più vicini e veloci, ma è una vicinanza remota. Ci dimentichiamo delle emozioni che accompagnano lo stare insieme. Noi tutti, siamo concentrati sulla nostra immagine, invece di pensare ad una reputazione, che è fondata su valori e principi etici, sulla trasparenza e sull’integrità.
La voglia di libertà, ci sta portando verso una dipendenza dalla tecnologia, che sia una macchina, uno smartphone o un robot così evoluto che sostituisce un assistente sociale. Ma che male c’è nel chiedere all’altro? Ormai siamo governati dall’auto-aiuto.
I prodotti che vengono inseriti sul mercato sono capaci di rispondere a qualsiasi bisogno, anzi ne creano di nuovi. Nonostante si pratichino politiche di diversità ed inclusione, pretendiamo la perfezione, e cerchiamo nella tecnologia una panacea.
I prodotti o servizi di un’impresa hanno maggiore possibilità di successo se gli imprenditori e il loro staff sono capaci di raccontare ad un pubblico specifico e interessato, il loro impatto sociale.
L’impatto sociale di un prodotto o servizio, non si limita alla soddisfazione di un bisogno di un singolo cliente, ognuno di noi ha relazioni, e quasi tutti usiamo (in maniera non sempre consapevole e competente) i social media, pertanto un prodotto o servizio è capace di coinvolgere altre persone. Organizzazioni chiedono partecipazione del pubblico, ma quanti di noi si fermano a riflettere sull’impatto del nostro “mi piace”?
L’impresa o l’organizzazione ha maggiore possibilità di creare interesse e generare una vendita raccontando ai clienti e alla sua comunità, come il suo prodotto o servizio, fornisce un mezzo per migliorare la vita.
Elevare quindi la vendita ad uno scopo più sfidante che sia il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile, creare una consapevolezza del ruolo del singolo in una società, come singolo in una collettività, capace di contagiare e creare uno spirito nuovo che agisce con coraggio e determinazione per essere persone più felici, essere protagonisti di un cambiamento culturale verso la sostenibilità economica, sociale, ambientale. Questo investimento non si limita ad un’immagine, ma porta risultati costanti per una reputazione durevole e riconosciuta, se non dalle persone, sicuramente dal pianeta.