La CSR è profezia o realtà: cosa offre alla nostra società?
La responsabilità sociale d’impresa (RSI), anche denominata con l’acronimo inglese CSR (Corporate Social Responsibility) è una tematica che viene ancora ricercata su internet per la sua definizione.
Per alcune imprese è sinonimo di innovazione e competitività, viene percepita come un’opportunità perché crea differenziazione e offre una possibilità di relazionarsi con un network più ampio proprio ai fini di realizzare valore condiviso (CSV – Corporate Shared Value).
Per altre imprese invece, la CSR è fonte di preoccupazioni economiche e burocratiche, viene percepita come un vincolo, dove la conformità agli standard devono essere accompagnati da strumenti di risk management. A tal fine si limitano a rispondere ai requisiti di certificazione richiesti dalla legge, ad attivare qualche iniziativa di welfare aziendale, qualche progetto di cause-related marketing o ancora di beneficenza.
Il terzo caso invece, sono le imprese che svolgono una CSR inconscia, ovvero che non sono consapevoli di farla, oppure sanno qualcosa, ma scelgono volontariamente di non raccontarla, perché fa parte del loro DNA e credono che rendendola pubblica, ammazzi il valore etico di essere un’impresa responsabile.
L’identità delle imprese si fonda sulla storia, la vision, la mission, i valori, e gli obiettivi strategici, operativi e tattici. Per quanto si possa robotizzare un’impresa, e per quanto la si possa organizzare, servono le risorse umane, che vanno motivate a lavorare. Per motivare le persone che compongono l’organizzazione, è possibile utilizzare approcci di “push” (top-down) o di “pull” (bottom-up). Considerando l’epoca di volatilità, ambiguità, complessità e incertezza (VACU) nella quale viviamo, è utile considerare il management by values (MBV) come la modalità da prediligere per favorire il change management che ci viene richiesto dal sistema. La CSR può essere un valore o permettere di riflettere alcuni nuovi valori dell’essere impresa?
Ritengo che una buona CSR debba essere integrata nella cultura aziendale e nella catena di valore, ci debba essere la volontà di investire nel desiderio di avere impatto positivo nell’eco-sistema, e non offre ritorni di lungo termine se partono da un ego-sistema. Per attivare questa possibilità di partecipazione sociale, l’impresa deve condividere quindi un piano strategico sia internamente, che esternamente, cercando sostegno tra gli investitori e le P.A., misurare il suo progresso, anche confrontandosi con altri player del mercato e cercando soluzioni insieme.
La concorrenza si prospetta ad essere improntata sulla capacità delle imprese a misurare e a testimoniare la sua capacità ad aver inserito processi di produzione circolare, di aver prodotto maggior benessere per le comunità, di aver contribuito a partenariati per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Per fare questo, servono talenti, persone dotate di competenze tecniche, essere inclusivi, avere immaginazione e coraggio, essere consapevoli e visionari. La concorrenza è sui talenti che le imprese riescono a reclutare, conoscere, far crescere e trattenere. Ricerche di mercato testimoniano che oltre il xxx i giovani scelgono le imprese per i loro valori e processi etici. E per trattenerli e renderli competitivi? Oltre che fare formazione tecnica, anche sui temi “cutting-edge”, l’impresa dovrebbe investire in strumenti di ascolto e laboratori esperienziali di accrescimento di competenze relazionali e infra-divisionali, creare e gestire team che sappiano interfacciarsi e collaborare, team capaci di valutare se il problema che appare, esiste veramente, e cercano una soluzione nell’angolo cieco della leadership tramite metodologie di sperimentazione (Javelin board et altri, basati su dialogo e prodotto minimo MVP).
Come si può mantenere l’entusiasmo dell’inizio di un impiego e trovare riconoscimenti per valorizzare il piccolo contributo individuale? Su questa domanda si apre il tema delle aspettative, degli strumenti della gestione risorse umane e comunicazione interna, che sono spesso sottovalutati perché soggetti a mutamenti repentini. La motivazione profonda sul lavoro potrebbe risiedere nella consapevolezza di fare parte di una dimensione più articolata di essere impresa, dove il profitto è funzionale alla crescita economica e sociale dei territori, sempre con il rispetto dell’ambiente e della governance.