Quali sono i ruoli: dell’imprenditore, del middle management, dei dipendenti, dei fornitori, degli investitori, del governo, del consumatore e dei diversi stakeholder?
L’imprenditore condivide con il top management la volontà di generare bellezza e ricchezza nell’eco sistema di cui esso fa parte, è dotato di carisma, genera consenso, e crea delle deleghe che sono funzionali all’istituzione e al funzionamento organizzativo.
Tale approccio viene anche intrinsecamente raccontato nel libro verde della commissione europea del 2010, che descrive la responsabilità sociale e ambientale come “il modo in cui le società integrano su base volontaria le preoccupazioni sociali e ambientali nella loro attività economica e nelle loro relazioni con le parti in causa”.
Il middle management, ha l’obbligo dirigenziale di presidiare la visione, la missione, i valori, cosa, come, quando vengono raggiunti gli obiettivi tattici dell’impresa. Tuttavia, una ricerca del 2017 svolta da Globescan e Frost&Sullivan ( White Paper CSR Europe ) indica che lo staff aziendale non conosce gli SDGs (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile), e questo è una barriera enorme all’avanzamento della CSR e sostenibilità del pianeta. C’è molta formazione tecnica e anche esperienziale da svolgere su questa fascia di dipendenti che fanno da tappo culturale alla performance dell’impresa!
I dipendenti per definizione sono operativi, hanno l’obbligo di rispettare processi e norme che il top management e lo staff, ha creato per far funzionare l’impresa in maniera responsabile, e partecipare a questa cultura d’impresa. Saranno loro i primi ambasciatori del brand dell’impresa, ogni dipendente è un cittadino in rete, e può anche grazie all’uso dei social network contribuire alla reputazione e vendite dei prodotti e servizi della sua impresa. Qualora i dipendenti “sposano” i valori dell’impresa per la quale lavorando, è naturale parlare di senso di appartenenza e quindi di difesa verso l’azienda e non l’attacco che testimoniamo troppo spesso negli scioperi sindacali o crisi aziendali. Trovo utile sottolineare che la concorrenza si sta spostando sempre più sulla qualità delle risorse umane e non necessariamente verso il prodotto o servizio, perché senza personale adeguato non è possibile fare funzionare l’impresa, e la robotica, ha comunque bisogno di un coordinamento, che sia programmato digitalmente o manualmente.
I fornitori invece si trovano spesso, a seconda del settore, messi con le spalle al muro. Il fornitore è raramente di grandi dimensioni, e non ha molti mezzi economici per investire in processi o permettersi una formazione adeguata sulla sostenibilità, che sarebbe necessaria per l’attivazione delle stesse politiche sostenibili condivise e da rendicontare. Devo riconoscere che sono molte le imprese che ancora non sanno che esistono i fondi interprofessionali, ovvero non sanno che versano una parte delle loro tasse in questi fondi, e che possono godere di formazione gratuita.
Con l’assenza di un dialogo e partecipazione del fornitore visione dell’impresa cliente, è quasi impossibile che il fornitore sia mosso da un contratto morale, e trova nella richiesta di essere conforme, la parte strumentale della CSR, senza comprendere i benefici di attivare un approccio culturale al creare valore condiviso. Sarebbe molto interessante se l’impresa cliente iniziasse a vedersi come protagonista del cambiamento sostenibile, che creasse gruppi di studio e collaborazione tra fornitori. Sul singolo fornitore dovrebbe, a mio avviso, impegnarsi per conoscere il suo fornitore e allineare i valori. Nutrire una relazione, offrire un contratto di lungo termine, ridurre i tempi di pagamento, collaborare ad una formazione continua, lavorare e condividere buone pratiche e magari allargare le possibilità di network marketing. Chiaramente, anche il fornitore dovrebbe fare lo stesso, ovvero magari trovare sinergie verticali e orizzontali nel mercato e orientarsi ad un approccio più eco-sistemico.
Sarebbe interessante che l’impresa facesse da capofila con i suoi fornitori per incentivarli ad investire in impianti di efficientamento energetico alimentato da risorse sostenibili. L’investimento può essere anche “semplice”, come quello di negoziare una tariffa collettiva per la consulenza per studiare un impianto sostenibile. Non vuol dire quindi che è il cliente che paga per questo, ma che decide di collaborare con i suoi fornitori per diffondere una cultura possibile della sostenibilità.
In un altro passaggio del Libro Verde, troviamo il ruolo importante del governo utile a alimentare la spinta alla sostenibilità “norme più chiare in materia di informativa finanziaria possono contribuire ad una migliore valutazione delle società UE e permettere alle imprese e agli investitori di mettere l’accento sulle questioni di sostenibilità”, a questa voce si possono aggiungere incentivi, detassazione, ammortamenti e altre manovre fiscali.
Ci sono poi una varietà di stakeholders che influenzano la CSR di un’azienda, dal rapporto con i sindacati, agli investitori, alle università, alle ONG e tante altre.
Non ultimo, il consumatore ha un ruolo fondamentale. Nel libro di Yvon Chouinard, CEO di Patagonia, Let my people go surfing tra le 10 frasi più importanti ci condivide “if you want to change government, you have to aim at changing corporations, and if you want to change corporation, you first have to change the consumers. Whoa, wait a minute! The consumer? That’s me. You mean I’m the one who has to change?”. Con questo passaggio capiamo che forse la vera CSR è quella che ognuno di noi, proprio come consumatori, possiamo fare per alimentare un sistema che si impegni nel concretizzare processi e soluzioni per raggiungere uno sviluppo sostenibile. La CSR è ISR, ovvero responsabilità sociale individuale, si dovrebbe iniziare a parlare di USR, ovvero una responsabilità sociale delle Università per istruire alla sostenibilità globale e dirigersi verso una Responsabilità Sociale Universale.